1. Nel caso in cui l’inadempimento delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto non è di scarsa importanza ai sensi dell’articolo 1455 del codice civile, il viaggiatore può chiedere all’organizzatore o al venditore, secondo la responsabilità derivante dalla violazione dei rispettivi obblighi assunti con i rispettivi contratti, oltre ed indipendentemente dalla risoluzione del contratto, un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all’irripetibilità dell’occasione perduta.
2. Il diritto al risarcimento si prescrive in tre anni, ovvero nel più lungo periodo per il risarcimento del danno alla persona previsto dalle disposizioni che regolano i servizi compresi nel pacchetto, a decorrere dalla data del rientro del viaggiatore nel luogo di partenza.
(1) Articolo così sostituito dall’ art. 1, comma 1, D.Lgs. 21 maggio 2018, n. 62, che ha sostituito il Capo I, a decorrere dal 1° luglio 2018 e con applicabilità ai contratti conclusi a decorrere da tale data, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 3, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 62/2018.
L’art. 46 si occupa di disciplinare l’ormai notissimo “danno da vacanza rovinata”, qualificato come un danno collegato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all’irripetibilità dell’occasione perduta e configurabile quando l’inadempimento dei servizi che compongono il pacchetto turistico non sia “di scarsa importanza” nell’accezione vista nel commento dell’art. 42.
La prescrizione è stabilita in tre anni, fatto salvo un eventuale periodo più lungo, se correlato ad un danno alla persona.
Qualche considerazione: in primo luogo, il danno da vacanza rovinata si può configurare come una voce di danno distinta ed autonoma rispetto al risarcimento danni “puro” (di cui all’art. 43): in caso di inadempimento grave, il viaggiatore potrà quindi ottenere il rimborso dei danni economici patiti (spese aggiuntive e non previste, danni a cose o persone) ed il risarcimento del danno legato a quel tempo di vacanza inutilmente trascorso, a causa dell’inadempimento dell’organizzatore.
In secondo luogo, possiamo escludere, in forza del richiamo all’art. 1455 c.c., che il risarcimento del danno da vacanza rovinata possa essere riconosciuto nel caso in cui l’inadempimento sia di scarsa importanza o legato ad elementi futili.
La giurisprudenza in tema di danno da vacanza rovinata si è ormai fatta amplissima.
Per non dilungarci qui eccessivamente, possiamo ricordare che il danno da vacanza rovinata è ormai pacificamente ritenuto uno dei danni “non patrimoniali” risarcibili, ai sensi dell’art. 2059 del codice civile.
Cosa significa? Significa che il danno da vacanza rovinata è risarcibile come “danno morale”, ovvero come danno che non ha provocato una perdita economica in sé, ma un patimento, uno stress psicofisico o, meglio, come dice lo stesso codice del turismo, come un danno collegato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all’irripetibilità dell’occasione perduta.
Ogni caso, quindi, andrà valutato a sé, tenendo sempre in considerazione che sarà onere del viaggiatore dimostrare che l’inadempimento del tour operator (camera sporca, bagagli smarriti, servizi non fruiti, pasti immangiabili) è stato tale da poter essere definito “di non scarsa importanza” e di grave pregiudizio per il sereno godimento della vacanza.